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Diario su Cristo. Ruolo dell’essenismo

10. Il ruolo dell’essenismo

Prima di affrontare il ruolo del movimento essenico è meglio spendere qualche parola sulla funzione sacerdotale ebraica.

Il sacerdozio ebraico, fin dai tempi della sua istituzione, era ereditario (Es 28,1-4) e le sue attribuzioni, oltre al culto, riguardavano l’insegnamento della Legge. Infatti alla classe sacerdotale risalgono la legislazione scritta d’Israele, la trasmissione delle antiche tradizioni sulle origini e parte della loro epopea, della poesia cultuale.

Al tempo del re David era sommo sacerdote Sadoc, discendente di Eleazaro, figlio di Aronne. Si alternava nella sua funzione con Abiatar, figlio di Achimelech, unico superstite dei sacerdoti fatti trucidare da Saul per vendetta contro Achimelech, che gli aveva impedito di uccidere David.

Sadoc aiutò il re David durante la rivolta del figlio Assalonne e fu quindi determinante nel portare al trono il re Salomone.

Abiatar invece finì esiliato dopo aver appoggiato la candidatura di Adonia alla successione al soglio davidico.

Dopo che Salomone ebbe eretto il Tempio di Gerusalemme, Sadoc ne fu il primo sommo sacerdote, capostipite delle famiglie sacerdotali di Gerusalemme (sadochiti) nel periodo postesilico. Il profeta Ezechiele loda i figli di Sadoc come strenui oppositori del paganesimo durante il periodo del culto verso gli dèi stranieri, e indica i loro diritti ereditari come unici nel futuro Tempio.

La riforma di Giosia (640-609 a.C.) confermò l’esercizio delle funzioni sacerdotali massime solo a quelli della famiglia di Sadoc nella linea di discendenza da Aronne. Sotto questa famiglia vi erano, nella gerarchia ecclesiastica, non solo i sacerdoti veri e propri (figli di Aronne), ma anche i leviti, una sorta di clero inferiore, raggruppati in tre famiglie, alle quali vengono aggregati i cantori e i portieri.

Nel 172 a.C. l’ultimo sommo sacerdote discendente da Sadoc, Onia III, fu assassinato perché si opponeva strenuamente alle infiltrazioni culturali e religiose dell’ellenismo di Antioco IV Epifane (seleucide).

I Maccabei ne approfittarono per insediare alla carica di sommo sacerdote persone della propria famiglia asmonea, non sadochita. Esseni, spiritualisti, nazionalisti abbandonarono Gerusalemme per protesta contro la nuova gerarchia ecclesiastica. Si rifugiarono in piccoli centri, e alcune comunità si stabilirono anche nel deserto, a Qumran, in attesa di un messia liberatore (favorirono gli zeloti nella guerra del 66-70).

Nel II secolo a.C. un partito politico, quello dei sadducei, s’ispirò al nome di Sadoc, ma in maniera truffaldina. Di fatto con Erode il Grande (37 a.C.) i sommi sacerdoti erano designati dall’autorità politica, che li sceglieva tra le grandi famiglie sacerdotali. Dopo Erode lo faranno i Romani.

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Posta tale premessa storica, devo dire che se anche Gesù frequentò gli esseni, non credo che la sua ideologia politica provenga da questo gruppo, salvo l’idea di vivere una sorta di comunismo primitivo in cui sia abolita la proprietà dei mezzi produttivi. In fondo il sacramento dell’eucaristia non è che la simbologia mistica di un rito antropofagico avente come significato la comunione totale delle persone e quindi dei loro beni.

Il cristianesimo è una dottrina della distribuzione egualitaria dei beni comuni, ma non è una dottrina della produzione di beni comuni sulla base della proprietà condivisa dei principali mezzi produttivi. Non essendo anche questo, la distribuzione dei beni diventa inevitabilmente la distribuzione del superfluo. Soltanto nelle realtà monastiche il cristianesimo prevede la proprietà comune dei mezzi produttivi. Spesso però queste realtà diventavano nel Medioevo grandi proprietà terriere che sfruttavano i contadini come servi della gleba. Il comunismo della proprietà era presente sicuramente a Qumran, al tempo degli esseni.

Per il resto è abbastanza stupefacente il razzismo previsto dagli esseni nei confronti delle categorie sociali più problematiche. Nella “Regola dell’Assemblea” (II,38), tanto per fare un esempio, si dice a chiare lettere che nella loro comunità non potevano entrare sordi, ciechi, muti, storpi, vecchi, minorenni e minorati. Lo stesso dice il “Documento di Damasco” (XV,17). Questo perché si sentivano fedeli alla tradizione di Sadoc e di Mosè. Non che gli altri partiti la pensassero diversamente, ma forse è proprio per questa ragione che Gesù aveva accettato di frequentare varie tipologie di emarginati.

Naturalmente per evitare qualunque riferimento alla sua politicità, gli evangelisti preferirono dipingerlo come un terapeuta o un buonista a oltranza, che tende a dare più peso alla morale personale che non al ruolo professionale o alla condizione sociologica delle persone incontrate. In ogni caso è assurdo pensare che Gesù avesse deciso di avvicinare queste persone perché lui stesso si sentiva un reietto a causa della sua nascita ambigua, considerata vergognosa. Se fosse stato così, sarebbe stato un moralista o un pietista, certamente non un politico eversivo.

Per me il Battista rappresenta un’evoluzione dell’essenismo qumranico, in quanto in lui vi è il rifiuto dell’autoisolamento comunitario (desertico), scelto per protesta contro i gestori del Tempio. Il Battista è una via di mezzo tra Qumran e Cristo. La purità di Giovanni è di una radicalità eversiva rispetto alle soluzioni esseniche. Infatti il battesimo è un atto unico compiuto in un determinato luogo in vista dell’imminente futuro escatologico, politicamente eversivo. Il gesto fa conseguire il perdono dei peccati totalmente al di fuori del sistema cultuale del Tempio, al quale invece gli esseni si richiamano, auspicandone anzi la rifondazione secondo un’assoluta purità rituale. In sostanza il Battista è un predicatore apocalittico indipendente, che si ferma però al livello pre-politico. D’altra parte Giuseppe Flavio non l’avrebbe elogiato se avesse avuto il minimo sentore del carattere ribellista della sua predicazione.

Da lui Gesù prese il voto di nazireato, che gli permise di non sposarsi finché non l’avesse adempiuto.1 Può anche darsi che sia Giovanni che Gesù abbiano frequentato la comunità essenica, e può anche darsi che ne siano usciti insieme, e persino che Gesù abbia accettato di farsi battezzare da Giovanni2, ma se Gesù appare come un seguace di Giovanni, non è mai vero il contrario.

Resta infatti indubbio che Gesù ruppe i rapporti con Giovanni quando decise di occupare il Tempio, all’inizio della sua carriera politica, come risulta nel IV vangelo. Il Battista si limitava a una critica etico-sociale-giuridica (prepolitica), ma non arrivò mai a costituire un movimento politico-nazionale con finalità eversiva contro i Romani e i collaborazionisti ebrei. Non divenne mai un seguace del Cristo, anche se molti suoi discepoli lo divennero.

Francesco Esposito (in Il Cristo illegittimo) presenta un Battista radicale e un Cristo moderato (divenuto tale dopo la carcerazione del suo maestro). In realtà sul piano politico fu proprio il contrario. Il fatto che Gesù frequentasse anche i ceti superiori (scribi e farisei) non stava a indicare che la sua strategia eversiva si era ammorbidita, ma semplicemente che si era scaltrita.

Gesù era diventato consapevole che con l’estremismo politico degli zeloti o col radicalismo meramente etico del Battista, non si sarebbe riusciti a compiere alcuna rivoluzione. Aveva capito che se sul piano etico si poteva essere più transigenti, sul piano politico si potevano acquisire maggiori consensi, la cui finalità era una sola: liberarsi dei Romani e dei sadducei, l’aristocrazia sacerdotale collusa con l’occupante straniero.

Quando il Battista manda i propri discepoli a chiedere a Gesù se è davvero lui il messia politico che devono attendere (Mt 11,3; Lc 7,18ss.), non si rende conto che Gesù aveva bisogno di avere come seguaci delle persone più duttili, più flessibili, più popolari e meno intellettuali.

La teologia petro-paolina, quando trasformò il Cristo postpasquale da politico a teologico, recuperò in parte i rapporti coi seguaci del Battista, sulla base di un compromesso (che non tutti di loro condivisero): “Voi accettate che Cristo sia figlio di Dio in via esclusiva, e noi accettiamo ch’egli fu battezzato da Giovanni, che così risulterà essere l’ultimo dei profeti prima di lui”. Poi i cristiani presero dagli esseni tutti i riti religiosi, inclusa l’eucaristia.

Dico questo perché per me Gesù non fu solo un leader politicamente sovversivo (antiromano in primis), ma anche un soggetto fondamentalmente ateo, indifferente alla religione, tant’è che escludo si fosse lasciato battezzare dal Battista, a meno che non si voglia dare a questo rito un contenuto politico che col tempo è andato perduto (per colpa dei cristiani). Nel IV vangelo viene detto chiaramente che Gesù non battezzò mai nessuno, anche se questo rito lo lasciava fare ai seguaci del Battista che si era staccati da quest’ultimo. Il rito del battesimo appare troppo moralistico per essere politicamente efficace. È soltanto l’espressione di un’intenzione, non la decisione di un coinvolgimento fattivo (come invece implicava l’espressione “Vieni e seguimi”).

L’idea qumranica, secondo cui avrebbero dovuto esserci due messia, uno religioso e l’altro politico, Gesù la condivise sino al momento in cui propose di occupare il Tempio. Quando vide che il Battista rifiutò di parteciparvi, lui rinunciò anche all’idea dei due messia, nel senso che anche nel caso in cui il Tempio fosse stato un giorno occupato, non avrebbe permesso che il sommo sacerdote avrebbe dovuto svolgere un ruolo messianico equivalente a quello politico. E non perché avrebbe voluto riservare solo a se stesso il ruolo di messia politico, ma proprio perché era contrario a qualunque monarchia teocratica e a qualunque monarchia politica.

10.1. Identità e ruolo degli esseni

Gli esseni (il cui nome forse vuol dire “santo” o “puro”) non sono nati a Qumran, poiché in precedenza vivevano in varie località della Palestina, urbane e rurali (pare avessero un loro quartiere anche a Gerusalemme). Considerando che anche l’apostolo Andrea li frequentava, è possibile che fossero presenti anche in Galilea. Qumran fu distrutta completamente dai Romani perché coinvolta nel 68 con gli zeloti. I sopravvissuti si unirono agli zeloti e sicarii di Masada, dove si suicidarono in massa.3 I loro manoscritti furono ritrovati solo nel 1947.

Nel deserto, sulle rive del Mar Morto, circa 150 persone si trasferirono in segno di protesta, contro la pace del 157 a.C. stipulata tra i Seleucidi e il comandante maccabeo Gionata, il quale, per l’occasione, ottenne la carica di sommo sacerdote e l’intero potere sulla Città Santa, destituendo il pontefice in carica, fondatore della comunità essenica, riconosciuto da molti studiosi come il cosiddetto “Maestro di Giustizia”.

Gli esseni non sopportavano la cultura ellenistica. Per loro era importante un certo rituale di purificazione, diverso da quello del Tempio, in quanto non facevano sacrifici di animali, essendo vegetariani. Il concetto di purezza lo legavano alle tradizioni più antiche, soprattutto a quelle della stirpe sacerdotale di Sadoc e di Aronne. Credevano nella Torah e assai poco alla tradizione orale dei farisei (però credevano nell’immortalità dell’anima, nell’idea di resurrezione, nel giudizio finale di buoni e malvagi, ovvero nella fine del mondo). Filone e Giuseppe dicevano che quelli di Qumran praticavano il celibato (non quelli però urbanizzati). Portavano armi ma rifiutavano la schiavitù e i commerci, ed erano dediti esclusivamente ad agricoltura e artigianato, con tanto di autoconsumo e baratto (una sorta di comunismo primitivo, essendo del tutto mancante la proprietà privata dei mezzi produttivi). Non prestavano mai alcun giuramento. Erano strutturati in maniera gerarchica: postulante, novizio e iniziato. Una loro corrente fu quella dei Terapeuti egizi. Erano anche conosciuti col nome di “ebionim”, cioè “poveri”, in quanto conducevano un tipo di vita semplice, frugale, aiutandosi molto l’un l’altro.

Nella loro vasta letteratura (normativa e apocalittica) tutte le aspettative di riscatto contro i Romani e i sadducei erano rivolte su due figure messianiche: una politica (il Messia d’Israele) e l’altra religiosa (il Messia d’Aronne). La letteratura (basata su un’esegesi allegorica) era influenzata da tradizioni iraniche, parsiche, buddistiche, pitagoriche…: lo si vede non solo nella pratica del celibato e del cenobitismo, ma anche in un certo culto del Sole, degli angeli, dei bagni rituali, ecc. Tutta la parte liturgico-sacramentale del cristianesimo è di origine essenica, inclusa l’eucaristia (con tanto di pane e vino), anche se ovviamente riveduta e corretta secondo la teologia paolina.

Nel 6 d.C. erano circa in 4.000, il movimento più numeroso dopo quello farisaico, ch’era di circa 6.000 membri, mentre sadducei e zeloti ne potevano contare qualche centinaio.

Stranamente non vengono mai citati nel N.T., benché non risulti da nessuna parte che fossero ostili al movimento nazareno.4 A meno che non si parli di loro riferendosi ai seguaci del Battista. È comunque giusto considerare il movimento del Battista una significativa evoluzione della comunità essenica, in quanto con esso si decide di uscire dal deserto e di frequentare principalmente il Giordano per praticare un battesimo avente lo scopo di costituire uno spartiacque tra quanti volevano un’insurrezione antiromana e chi no. Ma non è da escludere che i redattori cristiani abbiano evitato un collegamento con l’essenismo proprio per celare l’origine delle loro pratiche sacramentali e liturgiche.

Sicuramente è stato frequentando il movimento del Battista che Gesù ha fatto il voto di nazireato5; ed è stato contando su questo movimento che tentò di occupare il Tempio all’inizio della sua carriera politica. La pericope (inventata) sulle tentazioni nel deserto, vissute da Gesù per 40 giorni, risente ovviamente di influssi essenici, ma anche il battesimo nelle acque del Giordano e l’idea di Spirito santo. Tuttavia quando Gesù inizia la sua attività politica eversiva, aveva smesso di attribuire importanza ai sacrifici rituali, ai digiuni, alla pratica del battesimo: persino il rispetto del sabato l’aveva molto relativizzato.

Gli evangelisti attribuiscono a Gesù il termine “regno di Dio”. In realtà anch’esso è di origine essenica, e non è affatto detto che Gesù l’abbia mai usato, poiché non aveva alcuna intenzione di costruire una monarchia teocratica. Se non si capiscono i motivi per cui Gesù ha rotto politicamente con l’essenismo e col battismo, è impossibile capire perché avesse scelto l’ateismo e fosse diventato un rivoluzionario attivo contro i Romani.

Il limite fondamentale del battesimo di penitenza era che da un lato si predicava una cosa politicamente impegnativa, mentre dall’altro si fornivano mezzi e metodi di natura sostanzialmente etica o giuridica (vedi la contestazione a Erode Antipa di lasciare la sua seconda moglie, o le filippiche morali contro i partiti farisaico e sadduceo). Giovanni si limitava a criticare, predicare, impartire il battesimo, ma non sapeva organizzare un movimento davvero eversivo. Non aveva l’intelligenza di una strategia politica rivoluzionaria, che andasse ben oltre le questioni meramente religiose o di comportamento sociale egualitario.

Giovanni aveva capito il limite fondamentale dell’essenismo di Qumran: l’autoisolamento, l’estraneazione sociale, l’autoreferenzialità. Ma non ha saputo trasformare questa convinzione in qualcosa di politicamente radicale, che potesse comportare l’occupazione del Tempio e la cacciata non solo dei mercanti e cambiavalute, ma anche dei sacerdoti, fino all’insurrezione nazionale contro i Romani.

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La cosa singolare, che meriterebbe d’essere affrontata, è relativa al fatto che mentre gli esseni sostengono l’idea (democratica) dei due leader messianici (uno religioso e l’altro politico), in quanto questo era il loro modo di opporsi ai sadducei (che univano le due cariche in una sola col placet dei Romani), il Battista invece rifiuta entrambi i ruoli messianici. Cioè nel momento in cui Gesù mostrava di sentirsi pronto come leader politico, e propone al Battista, che aveva tutte le carte in regola per diventare sommo sacerdote, di occupare insieme a lui il Tempio, il Battista declina l’offerta, e non tanto perché fosse contrario all’idea di assumere la più alta carica religiosa, quanto perché non voleva assumerla occupando il Tempio.

Che senso ha questa posizione? Sembra ch’egli fosse disposto a diventare pontefice solo dopo che il Cristo politico avesse cacciato i Romani. Cioè, mentre Gesù poneva l’occupazione del Tempio come premessa per l’insurrezione nazionale, per il Battista invece l’occupazione doveva apparire soltanto come una sua conseguenza (che poi alla fine non sarebbe stata neppure una “occupazione”, ma, se vogliamo, una naturale “transizione”, una sorta di inevitabile avvicendamento, dovuto al fatto che i sadducei non avrebbero più avuto i Romani a sostenerli).

Nell’ottica del Battista il leader politico doveva svolgere il ruolo del liberatore nazionale armato, che avrebbe consegnato su un piatto d’argento al leader religioso la gestione del Tempio. Invece su un piatto ci finirà la sua testa.

Mi chiedo come potesse pensare che Gesù avrebbe accettato un’impostazione politica del genere, dal sapore vagamente clericale. È stato forse un caso che, dopo la fallita occupazione del Tempio, Gesù abbia detto alla samaritana: “Pregare Dio al Tempio o sul vostro monte non servirà a nulla ai fini della liberazione nazionale”? Il primato storico-religioso del Tempio gli appariva definitivamente morto e, con esso, il rapporto col cugino Giovanni, almeno finché questi non avesse mutato atteggiamento.

Probabilmente al Battista sembrava inutile, anzi insensato, diventare sommo sacerdote in una società controllata dai Romani. Forse per questo sperava che Gesù dimostrasse preventivamente ch’era in grado di liberare la nazione. Tuttavia la sua era una posizione astratta, idealistica, poco flessibile. Non era necessario fare prima la cosa più grande, per poi ottenere quella di minore portata. Si poteva partire anche da quest’ultima. L’importante era dare un segnale convincente alla popolazione ch’era giunto il momento di alzare la testa. Gesù chiedeva una concretezza fattiva nell’impegno politico, e il fatto di non averla ottenuta dal Battista, lascia pensare che il loro rapporto non dovette durare a lungo.

10.2. Cristo proveniva dai Terapeuti egizi?

Chi associa Cristo ai Terapeuti egizi dà sempre per scontato che facesse guarigioni. Il che non avrebbe avuto senso per uno che aveva in mente di cacciare i Romani. Io ritengo inventate tutte le guarigioni miracolose, escluse quelle di natura psicosomatica, e comunque non escludo che anche queste siano state messe proprio dietro l’influenza degli ebrei residenti in Egitto o in qualche nazione ellenistica. Dato che Cristo era sostanzialmente un leader politico che cercava di liberare il suo Paese dall’oppressione romana (condivisa dai collaborazionisti interni), servirsi delle guarigioni non avrebbe avuto alcun senso (al limite neppure l’assistenza ai bisognosi).

Inoltre chi collega Cristo ai Terapeuti tende a dare molta importanza ai testi gnostici cristiani elaborati in Egitto, e quindi a negare al Cristo una vera politicità eversiva. Ma io quei testi li ho sempre considerati ideologicamente inferiori rispetto ai quattro canonici, di cui apprezzo in particolare Giovanni e in secondo luogo Marco. Matteo per me non vale niente. E Luca va preso con le pinze, in quanto rispecchia più di tutti le teologia paolina. Se proprio uno dovesse dare molta importanza alla gnosi, non ha bisogno di rifarsi ai codici di Nag Hammadi: gli è sufficiente rifarsi alle manipolazioni mistiche e spiritualistiche operate sul IV vangelo.

Infine tendo a considerare inventato il racconto natalizio chiamato “fuga in Egitto”.

Insomma ritengo tutta la pubblicistica apocrifa di scarsissimo valore per capire la politicità del Cristo.6 Probabilmente già verso la prima metà del I sec. circolavano dei testi sull’operato o sui detti di Gesù. Questi testi erano per lo più delle falsificazioni provenienti dal movimento nazareno, divenuto cristiano in seguito alla teologia petro-paolina. Avevano lo scopo di ridurre al minimo il lato politicamente eversivo della predicazione di Gesù. La letteratura apocrifa, nata soprattutto in Egitto, non fece altro che aggiungere ulteriori falsificazioni (diciamo nella forma delle invenzioni vere e proprie), molte delle quali rifluirono nella redazione finale degli stessi vangeli canonici, che sicuramente fu molto lunga e complessa. Forse l’unico testo del N.T. in cui è presente ancora l’immagine di un Cristo rivoluzionario, che avrebbe voluto spazzare via la presenza romana dalla Palestina, è l’Apocalisse.

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Vi sono degli esegeti che, dopo la scoperta dei papiri di Nag Hammadi, hanno iniziato a fare questo strano ragionamento: siccome esistono testi gnostici antichissimi che si oppongono a quelli canonici (o comunque alla teologia paolina), ciò rende plausibile non solo un’origine gnostica del cristianesimo primitivo di origine ebraica, ma anche la natura gnostica del messaggio che queste comunità ebraiche ricevettero dallo stesso Gesù Cristo, il quale naturalmente avrebbe vissuto la prima parte della sua vita tra i Terapeuti egiziani, ecc. ecc.

Io invece penso che Gesù non avesse nulla a che fare con lo gnosticismo, proprio perché era un leader politico e non un semplice filosofo. Filone Alessandrino era uno gnostico. Gli autori che hanno manipolato il IV vangelo avevano conoscenze dello gnosticismo. La comunità essenica poteva avere qualche riferimento alle idee gnostiche. Ma non era certo con questa filosofia esoterica, per lo più astrusa, che si sarebbero potute convincere le masse contadine supersfruttate della Palestina a insorgere contro i Romani e i sadducei.

Note

1 In un certo senso si può dire che gli evangelisti sono passati da “Nazareno” a “Nazareth” e non il contrario. Se si attribuisce a Gesù un’origine galilaica, è più facile attribuire ai Giudei la causa della sua morte violenta.

2 Non è da escludere che il battesimo impartito da Giovanni servisse anche per reclutare adepti disposti a compiere qualcosa di eversivo; oppure che questa caratteristica l’avesse quello impartito dagli ex discepoli di Giovanni che avevano scelto Gesù come nuovo leader (di qui il loro maggior successo). Il battezzato doveva fare una specie di promessa, quella di esser pronto alla chiamata (o all’arruolamento, anche armato) nel momento in cui gli venisse chiesto per l’insurrezione nazionale contro i Romani.

3 Tendiamo a distinguere “zeloti” da “sicarii”. Quest’ultimi vengono definiti così da Giuseppe Flavio per via della piccola sica (pugnale) con cui compivano le loro vendette contro soldati romani isolati e contro ebrei filo-romani. Ma non ma non spiega in maniera esauriente le principali differenze tra i due gruppi. Per me i sicarii non sono che un’ala ultraestremista o terroristica del partito zelota.

4 A dir il vero anche Giuseppe Flavio cita gli zeloti soltanto per il periodo successivo alla morte di Gesù. Ma è evidente che lo fa per scaricare sul loro partito tutta la responsabilità della disfatta giudaica. Il che fa pensare ch’egli avrebbe potuto condividere, almeno in teoria, le tesi del cristianesimo paolino. Non dimentichiamo che la sua opera fu aspramente criticata da Giusto di Tiberiade (35-100 circa), anche lui autore di una Storia della Guerra Giudaica. Che naturalmente non ci è pervenuta!

5 Alcuni esegeti sostengono che Gesù non poté fare voto di nazireato, poiché è noto che bevesse vino. In realtà noi non sappiamo affatto se nei convinti in casa di Levi-Matteo o dagli sposi anonimi di Cana o da qualche personaggio di rilievo, Gesù bevesse vino. Quando gli dicono che è un mangione e un beone, era una evidente fake news, dovuta al fatto che i suoi discepoli non facevano digiuni come i farisei e gli esseni. Considerando poi ch’egli non ha mai istituito alcuna eucaristia, ovvero che non è mai esistita alcuna “ultima cena” in senso mistico o religioso, secondo qualche particolare calendario, non è da escludere ch’egli, effettivamente, non abbia mai bevuto vino a partire dal momento del voto e che abbia accettato di berne un sorso sulla croce proprio per porre fine a quel voto. “Tutto è compiuto” potrebbe anche voler dire che “scioglieva definitivamente il voto”. Rifiuto l’idea che i soldati, sapendo che un nazireo non poteva bere derivati della vite, gli abbiano offerto la posca non per pietà ma per schernirlo sino in fondo.

6 L’encratismo col suo rifiuto del matrimonio e del possesso dei beni; il marcionismo col suo radicale antigiudaismo; le varie forme di gnosticismo e di docetismo col loro rifiuto del mondo materiale e la loro negazione dell’umanità reale di Gesù; l’ebionismo che ritiene Gesù un ebreo integrale, fedele alla Torah, sono tutte “eresie” che non servono a niente per capire il Cristo politico. Usarle per contraddire le tesi dei vangeli canonici o il Nuovo Testamento è del tutto inutile.