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La società dell’Inquisizione

Dennj Solera, La società dell’Inquisizione (Uomini, tribunali e pratiche del Sant’Uffizio romano), Carocci editore, Roma, 2021, pagine 141.

Saggio storico rigorosamente documentato con Indice dei Nomi e dei Luoghi, ricca bibliografia di centinaia di testi e fonti archivistiche. Manca l’Indice delle illustrazioni. Comunque sono una decina di riproduzioni di mappe e pagine di archivi inquisitoriali di scarsa importanza.

In Italia esistevano 47 sedi dell’Inquisizione gestite da frati domenicani e francescani, i quali erano coadiuvati da gruppi di laici armati e non armati a seconda delle funzioni affidategli dal frate inquisitore. Talora però erano frati anche certi consiglieri dell’Inquisizione. Tali religiosi ne approfittavano per commettere abusi di ogni tipo dentro e fuori il loro convento fino a minacciare di morte i padri guardiani che osassero contestare le loro uscite diurne e notturne. Un frate di Fermo nel novembre 1697: “era arrivato al punto di minacciare il padre guardiano di gettarlo dal finestrone del dormitorio”.

A Montalto, sempre nelle Marche, fra Evangelista Pellei faceva spesso “chiassi con donne con parole disoneste”, commette estorsioni, “vilipende la reputatione di tutti” ma, grazie alla sua patente del Santo Officio, ogni protesta è inutile, i suoi superiori non possono far nulla.

La durissima pena del remo sulle galere marittime è documentata anche da questo libro, poiché “Da una lettera del 1603 si intuisce invece il commercio di galeotti del Sant’Uffizio tra il ducato di Modena e il granducato di Toscana”.

Il testo comprende brevi riferimenti anche alle carceri inquisitoriali e al loro più noto detenuto per eresia: “Tommaso Campanella, che rimase nelle carceri inquisitoriali tra alterne vicende per ben ventisette anni”.

Pierino Marazzani, ottobre 2022