Diario su Cristo. Miracoli e guarigioni

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4. Miracoli presunti, anzi inventati

Quale credente sarebbe disposto ad accettare che nell’arco della sua vita Gesù non ha mai fatto vedere che poteva avere una natura sovrumana? Cioè che se si fosse comportato come un essere superiore avrebbe immediatamente violato la libertà di coscienza dei suoi interlocutori (discepoli o avversari che fossero), obbligandoli a credere nell’evidenza e sentendosi in diritto di condannarli se non l’avessero fatto? Per tutti i credenti Gesù si comportava come un “superman” perché di fatto lo era, e quindi era legittimato a comportarsi così. Era dovere dell’interlocutore credergli.

Gli evangelisti non ebbero soltanto la presunzione di dire che, siccome Gesù aveva compiuto qualcosa di straordinario da morto, allora bisognava credere che avesse fatto e detto cose non meno straordinarie anche da vivo; non ebbero solo la preoccupazione di dimostrare alle autorità romane che i cristiani non andavano considerati politicamente pericolosi come gli ebrei nella guerra giudaica del 70, ma ebbero anche la pretesa di celare agli stessi cristiani la pusillanimità che avevano dimostrato nel non voler proseguire il messaggio di liberazione politico-nazionale del Cristo. Stando a quel che raccontano i vangeli, è impossibile non pensare che i redattori non abbiano abusato della credulità popolare. Ma, quel che è più grave, è che nel cristianesimo primitivo è mancata una qualunque forma di autocritica. Al massimo si è propagandata l’idea che ci si deve sentire dei poveri peccatori, bisognosi di continua assistenza divina, cioè si è trasformato lo stoicismo laico dei Romani in uno stoicismo religioso, sostituendo la parola “destino” con la parola “Dio”.

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Lo stratagemma redazionale dei miracoli è stato usato per mistificare eventi dal chiaro contenuto politico eversivo, oppure sono serviti per mistificare un semplice contenuto umano, privo di religiosità. Offrire guarigioni straordinarie a titolo gratuito, sfamare con pani e pesci ben 5.000 persone, o addirittura riportare in vita una persona importante come Lazzaro, già morta e sepolta, doveva essere considerato da parte degli evangelisti come una prova sufficiente per credere nella divinità del Cristo, e quindi nella sua rappresentazione edulcorata, ligia ai poteri costituiti, salvo il diritto di esigere un regime di separazione tra Stato e Chiesa.

Oggi avremmo classificato queste pericopi come delle fake news avente valore propagandistico. Quella volta, non avendo ancora sperimentato gli effetti di una rivoluzione tecno-scientifica, che inevitabilmente rende più disincantati sul piano religioso, gli intellettuali potevano manipolare l’utenza con espedienti che noi oggi consideriamo ridicoli. Il che non vuol dire che oggi, usando mezzi diversi, non si possa fare la stessa cosa.

Naturalmente si può supporre, con un buon margine di sicurezza, che quanto più i prodigi appaiono spettacolari, tanto più importanti dovevano essere gli eventi politici o semplicemente umani da falsificare. Si è trasformato il Cristo umano e politico in un Cristo taumaturgico e onnipotente, in grado di obbligare persino la natura a obbedire alla sua volontà, come nella pericope della tempesta sedata.

Se il Cristo non avesse avuto pretese politiche di grado elevato, cioè se fosse stato soltanto un rabbino o un profeta itinerante, i redattori non avrebbero avuto bisogno d’inventarsi cose così inverosimili (il che fa pensare che la decisione sia stata presa in forma collegiale). Il Battista, p.es., non viene presentato come operatore di prodigi, benché venisse considerato come l’ultimo grande profeta.

Probabilmente le grandi aspettative riposte nella missione politica del Cristo, rivelatasi del tutto fallimentare, li aveva destabilizzati, li aveva indotti a superare le proprie frustrazioni ricorrendo a racconti leggendari, simili a quelli dei miti pagani, in cui la magia la faceva da padrona. È possibile che i redattori si siano chiesti il motivo per cui, visto che i pagani credevano in queste favole, non lo potessero fare anche i cristiani. Ecco, in tal senso si può dire che gli evangelisti (dietro i quali si cela sempre un collettivo) risentivano pesantemente dell’influenza della cultura ellenistica.

4.1. Un segno dal cielo

La questione del “segno dal cielo” (Mc 8,11-13) richiesto dai farisei a Gesù come condizione per credere nel suo messaggio di liberazione, fa venire in mente quanti, nei forum dedicati al cristianesimo primitivo, chiedono a qualcuno che scrive un post controverso, non in linea con le tesi ufficiali, di esibire le sue credenziali, i titoli di studio, le fonti utilizzate ecc.

L’idea di politica che avevano i farisei, di ieri e di oggi, è sempre la stessa: solo pochi sono veramente in grado di esercitarla, oppure, se preferite, solo pochi sono autorizzati a dire cose sensate sui vangeli.

Anche durante la cacciata dei mercanti dal Tempio avevano chiesto a Gesù a che titolo, con quale permesso facesse quelle cose (Mc 11,27 ss.). E lui aveva risposto che per compierle non c’era bisogno di alcuna particolare autorizzazione: era l’evidenza (della corruzione) che lo esigeva. Ed era una corruzione che riguardava più i sadducei che i mercanti, perché le licenze commerciali le concedevano i gestori del Tempio.

Analoghe domande i farisei ponevano a Gesù quando trasgrediva il sabato in nome di una grave esigenza da soddisfare: assistere i malati. Chiedevano un “segno” proprio mentre negavano l’“evidenza”.

Per tutta risposta Gesù rifiuta sempre di dimostrare con un “segno” straordinario d’essere autorizzato ad aspirare alla leadership d’Israele contro Roma. Non vuole far valere alcun carisma particolare, non vuol imporsi in modo autoritario, non vuol dimostrare militarmente d’essere più forte di qualsivoglia legione romana. Chi chiede un “segno” di tipo “miracoloso”, eccezionale, inevitabilmente finisce col promuovere il culto della personalità.

Egli si rifiutava di concedere “segni inequivocabili” di alcun genere (che in pratica non possono essere offerti da nessuno), anche perché, in caso contrario, avrebbe immediatamente violato la libertà di scelta dell’uomo.

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