Diario su Cristo. Le tesi di Schweitzer

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11. L’assurda tesi di Schweitzer

Questo teologo luterano, Albert Schweitzer (1875-1965), non l’ho mai capito molto: è vicino alle tesi di Johannes Weiss, nel senso che entrambi sostengono che l’insegnamento di Gesù può essere inteso solo come apocalittico, anzi escatologico.1

Da un lato infatti sostiene che “Il Gesù di Nazareth che comparve come il messia, che predicò l’etica del regno di Dio, che fondò il regno dei Cieli e morì per dare al suo lavoro la sua consacrazione definitiva, non ebbe mai esistenza” (Storia della ricerca sulla vita di Gesù, ed. Paideia, Brescia 1986). E fin qui, al limite, la tesi è condivisibile, anche se non si può negare l’esistenza del Cristo politico. Dall’altro però afferma: “Gesù significa qualcosa per il nostro mondo, perché emana una potente forza spirituale che scorre anche attraverso il nostro tempo. Questo fatto non può essere né scosso né confermato da alcuna scoperta storica. È il solido fondamento del cristianesimo” (ib.).

In pratica è come se avesse detto: dalle fonti neotestamentarie è impossibile ricavare una biografia realistica della vita di Gesù, poiché nessun autore è davvero interessato alla sua vicenda storica e umana, ma siccome quel che han fatto i suoi discepoli è stato grandioso, è preferibile far finta di niente e continuare a credere in quelle fonti.

Poi precisa il suo pensiero dicendo che proprio il disinteresse mostrato dai vangeli sinottici nel curare la rappresentazione della vita terrestre di Gesù garantisce credibilità storica ai racconti da essi tramandati, e mostra come invece le moderne biografie di Gesù riflettano il pregiudizio degli storici.

Questa è una tesi stravagante oltre che assurda. A parte che ogni esegeta riflette se stesso quando scrive, così come fa qualunque altro scrittore su qualunque altro argomento. Ci mancherebbe che qualcuno dicesse che tutti gli esegeti, meno se stesso, proiettano sulla ricostruzione della vita di Gesù i loro presupposti ideologici di partenza, per cui tutte le loro ricostruzioni sono false.

Ma è l’altra affermazione che desta più sconcerto. Secondo lui i vangeli trovano una certa coerenza soltanto nell’ambito dell’autocoscienza messianica del Cristo. I redattori non erano in grado di conoscere tutta la vita di Gesù, ma solo un’immagine del suo ministero pubblico. Tuttavia questa messianicità fu capita solo dopo la sua morte, ed è stato attorno ad essa che han cucito delle pericopi in origine staccate tra loro.

Cioè in pratica i discepoli avrebbero seguito Gesù senza sapere che lui si concepiva come messia (vedi la teoria marciana del “segreto messianico”). Gesù avrebbe taciuto la sua natura messianica in attesa che si compisse l’avvento escatologico del regno (che avrebbe dovuto essere “opera di Dio”). La sua improvvisa morte starebbe a indicare che gli uomini non sono ancora pronti a entrare in questo regno. Naturalmente nessuno può sapere se lui si sia lasciato ammazzare proprio per dimostrare che nel tempo in cui lui è vissuto il regno non poteva realizzarsi. D’altra parte com’è possibile credere, se Gesù ha davvero una natura divina, che la morte sia avvenuta in maniera accidentale? Di sicuro la fede delle prime comunità sarebbe soltanto una reinterpretazione della sua messianicità passata attraverso la passione.

Quindi, in pratica, Schweitzer non avrebbe dubbi nel considerare realistici i racconti della passione. I redattori non avrebbero avuto motivo di mentire in questi racconti o d’inventarsi cose inesistenti. I discepoli non seguirono Gesù sino in fondo nella sua idea di messianicità semplicemente perché erano rassegnati a dover subire il male e quindi ad attendere passivamente l’avvento del regno. E lui non poteva imporlo con la forza, anche perché la questione del regno è di “Dio” non del “figlio di Dio”.

Sono riflessioni, queste, troppo mistiche, troppo viziate da presupposti teologici. Bisogna essere più concreti e realistici, senza compiere voli pindarici. Il movimento nazareno, guidato da Gesù, voleva realizzare un’insurrezione nazionale contro i Romani e i gestori corrotti del Tempio. Il tradimento fu inaspettato. I suoi seguaci non seppero impedire l’esecuzione capitale. Che questa conclusione porti a credere che nel tempo presente non sia possibile tornare al comunismo primitivo è una congettura del tutto arbitraria. Non si può in alcuna maniera andare oltre un’interpretazione razionale dei fatti.

Nota

1 Secondo Weiss il cosiddetto “regno di Dio” era la convinzione che Gesù aveva circa una fine imminente della storia, e tutti gli insegnamenti etici dei vangeli furono aggiunti dalla Chiesa primitiva per rendere rilevante il suo insegnamento anche dopo che la fine del mondo non si verificò nel presente. Una tesi – come si può facilmente notare – del tutto mistica.

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